Neurologia

L’attaccamento sociale e dell’amore nell'ambito neurologico

Neurologia del sentimentoSono numerosi gli studi inerenti la relazione d’amore da un punto di vista neurobiologico, alcuni si sono soffermati esclusivamente sugli aspetti legati alla risposta neuroendocrina della relazione, altri sugli aspetti più strettamente legati alla risposta dell’encefalo.

Un esempio di studio focalizzato sulla risposta neuroendocrina è quello di Sue Carter (1998). Obiettivo del suo studio era quello di indagare la risposta comportamentale e neuroendocrina dell’attaccamento sociale e dell’amore.

Classicamente, il comportamento di relazione con i genitori e il comportamento sessuale sono associati al concetto di amore. Secondo questa autrice, che si è occupata di fare una revisione e rilettura dei principali studi su questo argomento, c’è una relazione significativa tra l’attività dell’asse ipotalamo-cortico-surrene (HPA; hypothalamic-pituarity, adrenal) e la successiva espressione dei comportamenti sociali e di comportamenti relazionali e di attaccamento.

In particolare è stato riscontrato che c’è una riduzione dell’attività dell’asse HPA nel caso in cui si stiano verificando relazioni di tipo positivo, mentre c’è un aumento dell’attività dell’asse HPA nel caso in cui la relazione sia negativa.

Esiste una relazione tra stress e dermatite?

Dermatite da stressInnanzitutto il merito di aver apportato un significativo contributo scientifico alle ricerche sullo stress è di un neuroendocrinologo austriaco, tale Hans Selye, che nel 1936 nel corso di una serie di esperimenti sottopose i topi da laboratorio a quotidiane iniezioni e verificò che a prescindere dalla sostanza iniettata, soluzione fisiologica o altro, i ratti manifestavano gli stessi sintomi.

Comprese, pertanto, che esisteva una stretta relazione tra lo stimolo esterno pericoloso o minaccioso, rappresentato da quelle “quotidiane iniezioni”, e la reazione biologica interna dell’organismo.

Lo stress, altro non è che “la risposta aspecifica strategica dell’organismo innanzi a situazioni di possibile pericolo, o comunque di fronte ad avvenimenti imprevisti”.

Secondo la sua teoria lo stress si sviluppa attraverso tre fasi:

  1. fase iniziale di allarme, in cui si attivano una serie di processi psicofisiologici;
  2. fase di resistenza, in cui l’organismo tenta di adattarsi;
  3. fase finale di esaurimento, in cui l’organismo privato di tutte le sue scorte energetiche non ha la capacità di continuare a difendersi e adattarsi. Selye definì l’intera sequenza come Sindrome generale di adattamento (SGA).

L’esercizio fisico blocca il processo di invecchiamento cerebrale

Sport - cervelloLa scoperta firmata Ibcn-Cnr e pubblicata su Stem Cells smonta un dogma della neurobiologia, dimostrando per prima volta che la perdita di cellule staminali neuronali durante l’età adulta è un processo reversibile. Lo studio apre nuove prospettive nell’ambito della medicina rigenerativa del sistema nervoso centrale

Che l’esercizio fisico giovi non solo al corpo ma anche al cervello, grazie alla produzione di nuovi neuroni, è cosa nota. I ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma hanno però dimostrato per la prima volta che la corsa è in grado perfino di bloccare il processo di invecchiamento cerebrale e di stimolare la produzione di nuove cellule staminali, che migliorano le capacità mnemoniche. Lo studio è pubblicato sulla rivista Stem Cells.

“Questa ricerca ha scardinato un dogma della neurobiologia: finora si pensava che il declino della neurogenesi nell’età adulta fosse irreversibile”, spiega Stefano Farioli-Vecchioli dell’Ibcn-Cnr, coordinatore dello studio.

“Con il nostro esperimento, lavorando su un modello murino con deficit neuronali e comportamentali, causati dalla mancanza di un freno proliferativo delle cellule staminali (il gene Btg1), abbiamo invece constatato che nel cervello adulto un esercizio fisico aerobico come la corsa blocca il processo di invecchiamento e stimola una massiccia produzione di nuove cellule staminali nervose nell’ippocampo, aumentando le prestazioni mnemoniche. In sostanza la neurogenesi deficitaria riparte quando, in assenza di questo gene, si compie un’attività fisica che non solo inverte totalmente il processo di perdita di staminali ma scatena un'iper-proliferazione cellulare con un effetto duraturo”.

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