La geoingegneria non è affatto una bufala

Le cosiddette scie chimiche non fanno parte del complottismo. La geoingegneria è descritta dal corriere come una (buona) scienza che manipola il clima

Un articolo del Corriere della Sera descrive la geoingegneria: la (buona) scienza che manipola il clima

Nuvole gonfiate e aerosol salveranno la Terra? Lo scrive, già nel 2012, il “Corriere della Sera”,(1) presentando la geoingegneria come «la (buona) scienza che manipola il clima». Tempi non sospetti: sei anni fa era ancora scarso il “gossip” sulle cosiddette scie chimiche, e forse i cieli non erano ancora così intasati di “strisce” rilasciate dagli aerei, fino a stendere quello strano, persistente velo nuvoloso al quale siamo ormai abituati anche nelle giornate serene.

Soprattutto, non era ancora accaduto che un paese come l’Italia venisse colpito da tempeste violentissime, con venti furiosi (190 chilometri orari) in grado di sradicare centinaia di migliaia di alberi proprio il 4 novembre, anniversario della Grande Guerra, e proprio nella geografia del Nord-Est – le Dolomiti, il Piave – che nel 1918 salutò l’affermazione “patriottica” della giovane nazione italiana.

Complottisti scatenati e dubbiosi in aumento, vista la perdurante riluttanza delle autorità nel rilasciare dichiarazioni chiarificatrici, una volta per tutte, riguardo all’ipotetica correlazione tra scie bianche, innalzamento climatico ed eventi catastrofici generati dal meteo “impazzito”. Nulla che peraltro non fosse paventato, come pericoloso effetto collaterale, dagli esperti sondati nel 2012 da Emanuele Buzzi, autore di una ricognizione giornalistica per il “Corriere”.

Un tramonto rosso fuoco perenne e specchi giganti nello spazio per riflettere la luce solare?

Curare la cefalea con sostanze estratte dalle piante

Circa il 79% delle piante utilizzate nel passato hanno un'azione anti-infiammatoria e analgesica in grado di contrastare i meccanismi della cefalea

Il 79% delle piante hanno proprietà anti-infiammatorie e analgesiche per curare la cefalea

È quanto emerge da uno studio dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo e dell’Istituto di scienze neurologiche del Cnr sui rimedi vegetali usati nella medicina popolare tra il XIX e il XX secolo. Circa l’80%, alla luce delle attuali conoscenze farmacologiche, presenta componenti in grado di contrastare i meccanismi alla base del mal di testa. Il 40% di queste piante era in uso già da circa 2000 anni. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Ethnopharmacology.(1)

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la cefalea è tra i disturbi del sistema nervoso più diffusi, con conseguenti gravi problemi di salute e disabilità. I ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche - Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr) e Istituto di scienze neurologiche (Isn-Cnr) - si sono interessati all’argomento con uno studio sui rimedi vegetali usati dalla medicina popolare italiana tra il XIX ed il XX secolo.

“Alla luce delle attuali conoscenze farmacologiche, circa il 79% delle piante utilizzate nel passato presenta metaboliti secondari (composti organici che non hanno una funzione diretta sulla crescita e lo sviluppo delle piante) con azione anti-infiammatoria e analgesica e comunque in grado di contrastare i meccanismi ritenuti alla base delle principali forme di cefalee”, spiega Giuseppe Tagarelli dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr). “Componenti organici quali flavonoidi, terpenoidi, fenilpropanoidi sembrano poter bloccare, in vivo, i mediatori chimici coinvolti nell’insorgenza delle cefalee.

Ogni giorno vengono uccisi 55 elefanti

Il bracconaggio alimentato dal mercato internazionale dell'avorio è responsabile dell'uccisione di 20.000 elefanti all'anno

Circa 20.000 elefanti vengono uccisi ogni anno, 55 al giorno, in gran parte a cause del commercio di avorio.

Un ritmo sempre crescente, che sta portando i pachidermi all’estinzione.

Un processo che sembra inarrestabile, sotto l'azione congiunta del bracconaggio alimentato dal mercato internazionale dell'avorio e la frammentazione degli habitat causata dall’avanzata delle grandi piantagioni industriali.

L’uso criminale delle risorse naturali, dalle foreste, alle zanne di elefante, metta a serio rischio la stabilità dei governi, la sicurezza delle comunità e rafforzi i sistemi di corruzione e di criminalità diffusa.

In vista della conferenza, il Wwf ha recentemente pubblicato un sondaggio sulle condizioni di lavoro dei ranger della fauna selvatica.

Il report rivela come gli sforzi dei ranger per proteggere rinoceronti e tigri siano fortemente compromessi da malattie prevenibili come la malaria, dalla mancanza di accesso all’acqua potabile e ai beni di prima necessità.

“I rangers sono in prima linea in difesa della natura contro i trafficanti di animali selvatici. Eppure il nostro sondaggio – il più grande mai condotto – ha rivelato una scioccante mancanza di accesso all’assistenza sanitaria di base, alle attrezzature e alla formazione.

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