Mente e cervello non sono la stessa cosa

Mente e cervello non sono la stessa cosa. Il cervello è il recipiente materiale per supportare e manifestare la Mente, che non è fisica, nel piano fisico

Il Piano Mentale è molto più sottile rispetto al piano astrale e di conseguenza meno sottoposto a leggi limitatrici.

Sebbene anche questo livello sia suddiviso in sette sottopiani, esiste una grande differenza tra i quattro piani inferiori (che rappresentano il mentale inferiore o concreto) e i tre superiori (denominati mentale superiore o astratto).

Mentre il piano astrale incorpora una “quarta dimensione”, che sembra annullare il problema della distanza spaziale – dato che in quel livello si può viaggiare alla velocità del pensiero – nel piano mentale troviamo una “quinta dimensione”, che sembra annullare il tempo. In questo piano, i pensieri e i processi mentali che si manifestano nello stato fisico in un ordine sequenziale, qui si riproducono invece tutti nello stesso tempo.

La regione del piano mentale astratto è la vera residenza della nostra anima, del nostro “Sé Superiore”, ed è chiamata dai cristiani la “dimora del Cielo”. Qui si trova ciò che si denomina esotericamente “Corpo Causale”, che è il luogo dove rimangono custoditi tutti i tesori dell’uomo, tutte le esperienze raccolte, vita dopo vita, poiché nel ciclo evolutivo di ciascuna persona, nulla si perde mai. È anche il piano che corrisponde alla nostra mente, al pensiero, alle idee, alla memoria, alla visualizzazione, all’immaginazione, all’associazione e al linguaggio.

I quattro livelli inferiori, sono invece maggiormente relazionati con la vita ordinaria ed i sensi fisici, e corrispondono a quella parte della mente che misura, pesa, studia, analizza, ecc. Bisogna inoltre chiarire che la mente ed il cervello non sono affatto la stessa cosa. Il cervello, è solo il recipiente materiale o il supporto fisico necessario, per supportare e manifestare la “Mente” (che non è fisica) nel piano fisico.

La Brexit è controllata dal Commonwealth

La Brexit, che è stata organizzata dal Commonwealth, serve all'Inghilterra per riposizionarsi geopoliticamente e per liberarsi dall'Unione Europea

Con la Brexit c’è una parte d’Inghilterra che si vuole riposizionare geopoliticamente, privilegiando i rapporti commerciali con l’area del Pacifico, l’India, l’Australia ed il Canada e, al contempo, liberarsi dei lacci e lacciuoli della Unione Europea.

È un processo non facile e lungo, come stiamo vedendo. L’economia è un fatto commerciale e monetario, ma nel caso inglese quello monetario è secondario avendo Londra sempre conservato la sterlina come moneta nazionale.

Detto diversamente, l’Inghilterra ha voluto (e sta cercando di) uscire dall’Unione Europea perché Bruxelles lega i paesi membri attraverso un sistema doganale che avvantaggia alcuni paesi a scapito di tutti gli altri, sfasandone le bilance commerciali.

In Italia, ad esempio, molti media da anni difendono il mercato comune, sottolineando i tanti vantaggi che la fine delle barriere doganali avrebbe portato al Paese.

Questa visione è miope ed in malafede, perché proprio quando negli anni Novanta l’Unione si stava burocratizzando al suo interno, il resto del mondo procedeva a instaurare nuovi rapporti commerciali, rendendo obsoleto il modello tedesco che è un modello che porta vantaggi solo alla Germania, all’Austria ed ai paesi del Benelux, penalizzando il resto d’Europa.

L’Inghilterra se n’è accorta per prima ed ha pensato bene di andarsene, anche e soprattutto perché ha fondato nei secoli scorsi il Commonwealth.

Nuovi farmaci per il tumore al seno

Tenere sotto controllo la produzione di estrogeni e quindi la proliferazione delle cellule tumorali del seno con nuovi farmaci che riducano gli effetti collaterali

Nuovi strumenti farmacologici per terapie che combattano i fenomeni di resistenza e riducano gli effetti collaterali nella cura del tumore al seno.

Queste le prospettive aperte da una ricerca condotta dall'Istituto officina dei materiali del Cnr e finanziata dall'Airc. Il lavoro, che ha coinvolto anche Università di Trieste e Istituto nazionale dei tumori di Milano, è pubblicato su European Journal of Medicinal Chemistry

Il 30% delle donne malate di cancro è affetta da un tipo di tumore al seno, particolarmente frequente dopo la menopausa, indotto da un'eccessiva concentrazione di estrogeni, gli ormoni sessuali femminili. Questi vengono prodotti dall'enzima aromatasi e si legano, attivandola, a una particolare proteina, il recettore agli estrogeni (ERa), che a sua volta è responsabile della proliferazione cellulare alla base della malattia.

Approcci terapeutici classici prevedono quindi di inibire l'enzima aromatasi al fine di interrompere la produzione di estrogeni o di bloccare l'azione di quest'ultimi impedendogli di legarsi al recettore ERa. In questo modo ERa rimane inattivo e non può svolgere la sua funzione di trasmissione del segnale di crescita e riproduzione cellulare.

Questi metodi, sebbene abbiano consentito dei grandi passi avanti nella cura dei tumori al seno, manifestano alcuni limiti rispetto ai quali una ricerca condotta dall'Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) e finanziata dall'Airc apre interessanti prospettive.

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